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L'articolo1A Moscariello Mariagiovanna | Madonna delle Galline
L’intervista ha come argomento una delle antiche tradizioni della nostra Pagani, la festa della "Madonna delle galline" il cui Santuario viene visitato ogni anno da centinaia di cittadini paganesi.
L’intervistato è un ex commerciante di Via Lamia, oggi Via G. Matteotti, e confratello dell’"Arciconfraternita Santa Maria Incoronata del Carmine".
Signor Mangino, qual è la storia del Santuario della Madonna delle galline?
Il Santuario della Madonna delle galline nei secoli passati ha assunto vari nomi, sotto cui il Santuario si denominò nei secoli. Per non confonderlo con la Chiesa dell’Annunziata (poi detta del Carmine), il primo Oratorio si disse Annunziatella e Spogliaturo. Successivamente fu denominato oratorio di S. Maria del Carmine, dal titolo con cui vi era venerata la Madre di Dio, e l’altra di S. Maria del Carmine alla Piazza, in riferimento al titolo e al luogo dove la chiesa era posta. Qualche volta la chiesa comparve anche sotto il nome della Disciplina. Soltanto alla fine della prima metà e agli inizi della seconda parte del 1700 troviamo la denominazione, unita al titolo del Carmelo, di Madonna delle galline. Quest’ultimo nome, tutt’oggi è particolarmente caro ai paganesi e poggia sul ritrovamento dell’effigie di Maria SS. del Carmine, o sull’offerta che si fa dei volatili alla Madonna in occasione della festa.
Per quanto riguarda il quadro si può parlare più leggenda o storia?
Si dice che " Era il giorno dell’ottava di Pasqua allorché alcune galline, razzolando, secondo il loro costume, la terra allo stesso punto, trassero fuori una tavoletta larga da due in tre palmi, su cui era dipinta l’immagine di Maria del Carmelo…"
Invece, secondo le notizie storiche, l’attribuzione del titolo delle galline, è dovuto al fatto che i devoti offrivano circa mille galline per la festa.
In quella parte della città propriamente detta "dei Pagani", luogo principale tra tutti come il più popolato, attaccata alla chiesa parrocchiale di S. Felice, fino all’anno 1500 vi era una Casa, ovvero Oratorio, comunemente detto lo Spogliaturo, quando si accompagnavano i defunti alla sepoltura, qui i confratelli vestivano il sacco, ed ivi poi si spogliavano. In una finta finestra, detta Casa, si vedeva la sacra Immagine di Maria in una tavoletta dipinta non si sa qual mano, tale la sua antichità, che solo per comune tradizione viene detto che fosse stata colorita circa quei tempi.
I vecchi testi di storia: "Risiede in quel luogo senza alcuna speciale venerazione o culto sino all’anno 1609, postosi a dormire lì vicino, nella pubblica strada, un povero uomo, storpio delle sue membra, udì svegliarsi da voce non conosciuta, ma sentendo un non so che di vigore nelle membra, provò ad alzarsi in piedi, e trovò, che quanto aveagli detto la ignota voce, era tutto vero: essendo egli guarito dal suo male; che non altri, che la Beatissima Vergine ivi accanto dipinta avesse parlato e restituirgli la pristina sanità, si diede a gridare: Miracolo! Miracolo!".
Senza dubbio si sa che la Effigie della Vergine del Carmelo, agli inizi del secolo XVII nell’Oratorio, era stata posta subito dopo il rinvenimento "Prodigioso", operato, come vuole la tradizione, con l’ausilio delle galline.
Forse l’immagine fu interrata a causa dei Saraceni. Questi, infatti, misero a ferro e a fuoco, in quell’epoca, le nostre terre. E questi non solo furono ferocemente ostile al culto, stando alle testimonianze della storia, punirono, certi perfino con l’esilio.
Si pensa che l’interramento sia avvenuto nel VIII o IX secolo e fosse stata ritrovata nel XV secolo. La venerazione è evidente nel XVII secolo a seguito del miracolo.
Quali sono le caratteristiche della festa "della Madonna delle galline"considerata tra il sacro e il profano?
La festa, quella solenne esterna, in onore della Madonna delle Galline, si celebra la domenica in albis, a ricordo del miracoloso ritrovamento della tavola su cui era dipinta la Madonna del Carmelo. La domenica mattina si svolge la processione la Madonna, posta su di un carro sfila per il paese e solo a tarda sera si ferma a Piazza S. Alfonso, dove riceve due colombi, come vuole la tradizione.
Tornata nella sua dimora tradizionale, resta esposta per otto giorno.
La tradizionale festa della Madonna delle Galline, vede accorrere un numero notevole di fedeli da ogni parte. Vi sono inoltre i venditori di castagne infornate, trecce di nocciole e torroni, che attirano i passanti come avveniva nei tempi antichi con canti.
Questa festa, nel passato, era attesa dai poveri, perché rompevano il <>, cioè il salvadanaio e compravano ciò che desideravano. Da oltre quattro secoli questa caratteristica festa è stata sempre molto a cuore ai Paganesi che sono attaccati alla tradizione.
Tutti preparano ragù, fusillli, carciofi arrostiti, dolci, vini di qualità e l’offerta alla Madonna di una gallina. Se, malauguratamente nel passato, pioveva si rimandavano i festeggiamenti e rimandato il pranzo alla domenica successiva. Se, invece, la festa non veniva rimandata vi era l’abitudine di far cadere un po’ di sugo sulla camicia bianca e fare in modo che fosse visto da tutti lo <>. Se pur siano cambiati i tempi anche oggi la tradizionale festa è segno di amore e rispetto per la Madonna.
Che cosa sono le "Tammorriate", chi i "tammorrari"?
Le tammorriate sono danze festose e spontanee di origine agreste e pagana in tre tempi; risalgono ai tempi dei romani. Queste cominciano poco prima delle cinque del pomeriggio in Via Striano, conosciuta come Casa Marrazzo.
Alcuni personaggi tipici, che danno avvio e dirigono le Tammorriate sono: Gioacchino Moscariello e Francesco Tiano.
La folla si accalca e si lascia travolgere dal ritmo e si avvia come un fiume in piena che risfocia direttamente sull’entrata del Santuario. Così si attende l’ora dell’apertura delle porte della Chiesa, quando si può ammirare la Vergine.
Questa è una festa che dura il sabato, la domenica e il lunedì in Albis, tra continue danze e preghiere e canti.
Ci sono canti tradizionali legati alla festa?
Sì, sono i cosiddetti canti a "Figliola"
Alcuni canti a figliola:
1) Il venditore di castagne:
‘A Madonne iesce’ e nnove e va tuorne, tuorne.
Se retire’ a calata’ e ll’ora, figliola.
Si nun t’accatte’ e castagne ‘o furne,
nun sacce che te succere, e cheste me respiace, figliola.
Il sorbettaio:
Sone’ o sische r’o trene ‘ a vapore. Figliola.
Arsivene ‘e Napulitane sciampagnone:
‘na lira v’o renchie ‘a cuppelone. Figliola.
Nisciune ne vò, manche l’accattone.
Mamma r’e Galline, mia,
miettece ‘a mmana toia, figliola.
Figliò viene ca mò t’o sane
‘o cannarone, figliola.
Il fornaio:
‘A Madonne iesce ‘e nnove
e se retire ‘a calata ‘e ll’ora, figliola.
Figliò, cheste nun se chiamme festa,
si nun t’accatte ‘o sciore. Figliola.
Figliò accattatelo ‘o sciore
E nc’jo miette rint’a treccia
‘a nnammuratella toia, figliola!
"Hagge’ho mise ‘a Mamma e ‘o Figlie"
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