VINCENZA SICA, NATA A SALERNO NEL 1927
E VISSUTA A GIOVI
Quando ero giovane,si viveva con il sacrificio, perchè non c’era nulla, solo miseria. Anch’io lavoravo nei campi, l’alimentazione era scarsa, a stento si riusciva a portare a tavola il primo piatto, perchè tutto il resto costava troppo e non c’erano soldi. Non si mangiava la carne come oggi e quando arrivò la guerra fu ancora peggio, perchè avevamo diritto a razioni alimentari che ci venivano date esibendo le tessere annonarie ed erano insufficienti per sfamarci, soprattuto per noi giovani che avevamo fame. Non c’era la possibilità di comprare abiti nuovi e si rattoppavano quelli vecchi, le scarpe erano un lusso per ricchi, la maggior parte di noi portava gli zoccoli ed era un privilegio potersi permettere le scarpe di pezza.o di spago. I giochi erano molto semplici, si giocava con le pietre , a nascondino, con le bambole di pezza e con palline di gomma. Le abitazioni erano formate nella maggior parte dei casi da due stanze: la cucina e la camera da letto dove dormivano tutti i componenti della famiglia. Ricordo che la mia casa era vecchia ed era arredata con i mobili indispensabili, un letto, un settimino, una cassa, un tavolo. A terra c’era il cemento e non le mattonelle, il soffitto era fatto di travi di legno e le pareti, soprattutto quelle della cucina, erano nere per il fumo prodotto dalla legna che bruciava per alimentare i fornelli. L’illuminazione era misera, c’erano i lumi a petrolio e non c’era l’elettricità. Il bagno si faceva nelle tinozze di legno e l’acqua bisognava andare a prenderla fuori casa, spesso toccava a me e dovevo farlo anche se pioveva o faceva freddo. A volte l’acqua si ghiacciava e io dovevo aspettare fino a quando non arrivava il sole a scongelarla. Ricordo che una volta accesi un fuoco vicino alla fontana, per fare scongelare l’acqua che mi serviva. Si lavorava per lo più nei campi per produrre alimenti, di mestieri veri e propri ce n’erano pochi ed erano molto semplici, qualcuno oggi è scomparso. C’era il mugnaio che macinava il grano, l’impagliasedie che faceva le sedie di paglia, il bottaio che costruiva le botti per il vino, il maniscalco che metteva gli zoccoli ai cavalli, lo spazzacamino, il carbonaio, ecc. La gente, pur di racimolare qualche soldo, era disposta a fare anche i lavori più umili, ma era contenta. A scuola era tutto diverso, usavo un solo libro, lo stesso che aveva usato prima di me mio fratello e ho frequentato fino alla quinta elementare. Il sabato non si andava a scuola, ma con tutti i miei compagni di classe andavo in giro per la città vestita da "Piccola Italiana", mentre i maschi indossavano la divisa di "Balilla", come imponevano le leggi di Mussolini. Anche se a quei tempi eravamo poverissimi, non c’erano comodità e per sopravvivere facevamo tanti sacrifici, vorrei tornare indietro perchè, nonostante tutto eravamo felici.
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