EMANUELA FERRARA, NATA A SALERNO NEL 1913
La signora Emanuela ci racconta di essere stata una farmacista e ci dice che le farmacie di una volta non somigliavano neppure lontanamente a quelle di oggi, infatti i farmaci oggi sono già belli e pronti, mentre un tempo bisognava prepararli. Si trattava di gocce che si ottenevano dal vapore che fuoriusciva dall’alambicco, contenente erbe e sostanze naturali, che veniva riscaldato dalla fiamma oppure erano pomate, infusi, tisane , ottenuti dalla triturazione di prodotti vegetali. I brufoli si curavano con impacchi di semi di lino, si usava spesso l’olio di ricino per purgare soprattuto i ragazzi, operazione che veniva ripetuta frequentemente. La signora ricorda che tutte le mamme che abitavano lungo la via Tasso e la via Trotula de Ruggiero, nel centro storico, portavano direttamente alla farmacia i figli e li obbligavano a trangugiare sul posto l’olio di ricino. Le mamme ricorrevano a questa strategia, perchè i bambini a casa si rifiutavano di bere l’olio di ricino, mentre in farmacia davanti alla farmacista avevano soggezione e non protestavano. Gli ingredienti usati per la preparazione dei farmaci spesso puzzavano e la signora racconta che era costretta a tenere lontano il camice da lavoro quando rientrava a casa, per non doverne sopportare il cattivo odore. In tutte le farmacie c’era un ragistro dove venivano annotate le ricette e i nomi dei pazienti per cui venivano preparati i farmaci. I clienti si recavano a comprare i farmaci portando con sè una scodella, una tazza o un qualsiasi recipiente che potesse contenere il farmaco che il farmacista preparava, quindi niente tubetti, nè flaconi, bottiglie o spray. A quel tempo era, infatti, inconcepibile che i contenitori venissero buttati, si riutilizzava tutto, anche le scatole di latta del lucido da scarpe, lei e le sue amiche le foravano con un chiodo, ci facevano passare un fil di ferro e ne facevano delle bilancine per giocare. La signora racconta che in città c’erano pochi negozi e che mancavano del tutto quelli di giocattoli. Nelle case non c’era l’acqua corrente,ma un pozzo che forniva l’acqua per tutte le necessità, l’acqua da bere si prendeva alla fonte e nelle case delle famiglie più agiate c’era una donna di servizio che aveva solo questo compito. Le fogne non c’erano, i bisogni si facevano negli angoli di stanze vuote, destinate all’uso, e chi aveva il giardino o abitava in campagna li faceva fuori. I passatempi delle ragazze erano il ricamo e l’uncinetto, esse già da bambine imparavano a realizzare lavori splendidi che oggi quasi nessuno è in grado di fare. La signora Emanuela ricorda che lei era affascinata da queste attività, soprattutto dal ricamo, ma il padre non voleva che vi si dedicasse per non sottrarre tempo allo studio e allora lei lo faceva di nascosto, quando lui non la vedeva.
Intervista realizzata dalla classe alla signora Emanuela Ferrara, dell’associazione "Salerno Solidale" |