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L'articolo

Classe 3C  

ELISABETTA COLAVECCHIA,DI ANNI 89

La signora Elisabetta è nata il 24-4-1912 a Paolisi, in provincia di Benevento e si è sposata nel 1943. La sua era una famiglia numerosa, infatti aveva otto fratelli, due dei quali sono morti in tenerissima età per banali malattie, come accadeva frequentemente a quell’epoca. Ci racconta che ai suoi tempi le bambine non possedevano bambole e ricevevano qualche giocattolo solo in occasione della Befana. Le bambine giocavano con la terra, mentre i ragazzi costruivano i loro giocattoli, in particolare dei carrettini che avevano come ruote i rocchetti vuoti del filo per cucire. Non c’erano le scuole medie, lei è passata dalla scuola elementare alle superiori e ha frequentato a Napoli l’Istituto Magistrale. Nel 1936 ha partecipato ad un concorso di canto alla radio, a Monte di Dio, e lo ha vinto ,avrebbe dovuto a questo punto andare a Torino per esibirsi, ma il padre non glielo consentì, facendo svanire il sogno di diventare una cantante. Lei era molto moderna per quei tempi, infatti fumava e andava in bicicletta e le due cose la facevano considerare la civetta del paese. Le donne allora non potevano fare niente, addirittura si pensava che le ragazze andando in bicicletta potessero perdere la verginità. Durante la guerra lei viveva a Napoli e, siccome gli uomini erano impegnati nelle operazioni belliche, le donne venivano chiamate a prendere il loro posto, così Elisabetta si è trovata a lavorare all’ospedale ortopedico, dove ha conosciuto il suo futuro marito. Egli era molto bello e corteggiato e, cosa eccezionale per quell’epoca, aveva l’automobile, una volta l’ha invitata a pranzo e l’ha portata in auto a Posillipo e lì si sono fidanzati. A proposito del fidanzamento, Elisabetta ci racconta un episodio. Data la situazione di guerra, non era facile procurarsi quello che poteva servire per allestire un pranzo di fidanzamento, ma lei non aveva nessuna voglia di rinunciarvi, quindi con pazienza certosina cercava chi aveva bisogno di prodotti di prima necessità e li barattava con zucchero e vino. Le bottiglie di vino le nascondeva insieme al fidanzato in soffitta, sotto un mucchio di caclcinacci, perchè temeva che i tedeschi in ritirata rastrellassero tutto quello che trovavano nelle case. Una volta è suonato l’allarme e sono scappati nel rifugio, al ritorno hanno trovato il tetto del palazzo sfondato da una bomba, lei è andata di corsa a vedere che fine avessero fatto le bottiglie di vino raccolte tanto faticosamente e quale è stata la sua sorpresa, quando ha scoperto che erano rimaste intatte e avrebbero potuto essere utilizzate per la festa. Elisabetta ricorda che, quando viveva a Paolisi, la sua casa aveva un pozzo nero e tutti i contadini facevano a gara a pulirlo, perchè utilizzavano gli escrementi come concime. A proposito del cibo, non c’era molta differenza nelle pietanze, ma non si mangiavano quasi mai i dolciumi, non c’erano tutte le caramelle e i cioccolatini di oggi, ma solo liquerizie.

Intervista realizzata dalla classe alla signora Elisabetta Colavecchia, dell’associazione "Salerno Solidale"

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