"Il
problema più arduo convincere gli anziani"
Mario Falconi: si
affezionano ai prodotti e non cambiano
MARIO REGGIO
ROMA - Mario Falconi è il segretario nazionale della
Federazione dei medici di famiglia. Il loro contributo è essenziale al successo
della campagna di diffusione dei farmaci generici.
Il vostro sarà un compito difficile?
«Il nostro impegno sarà totale, ma qualche problema ci sarà. L'esperienza della
cerivastatina, su cui s'è fatta molta confusione, ha provocato un calo di
fiducia dei cittadini sia verso i farmaci che nei confronti della classe
medica. Sarebbe stato meglio se ci fossimo seduti tutti attorno ad un tavolo,
malgrado fosse agosto, avessimo discusso il da farsi anziché mettere in moto il
deleterio processo del cerino acceso, scaricando la responsabilità sugli altri.
Da lunedì avremo qualche problema in più rispetto a luglio. Ma questo non ci
deve esimere dall'obbligo di far usare di più i farmaci generici. Ma se
razionalizziamo il sistema e risparmiamo miliardi sulla spesa farmaceutica,
dobbiamo usare i soldi risparmiati per finanziare la ricerca sui farmaci
innovativi, vale a dire la ricerca scientifica pubblica».
Sarà facile convincere gli anziani che soffrono di patologie croniche?
«Sono quelli più penalizzati e mi si stringe il cuore. Lunedì mattina, quando
aprirò il mio studio, si presenterà la vecchietta che campa con la pensione
sociale si cura l'artrosi o il cuore e la dovrò convincere ad usare il farmaco
generico, altrimenti sarà costretta a pagare la differenza. Purtroppo l'anziano
è affezionato al farmaco che ha sempre usato, è convinto che solo quello gli fa
bene. Sarà nostra cura trovare le motivazioni per far spendere loro, a parità
di effetto terapeutico, quelle poche migliaia di lire che però pesano sulla
magra pensione».
Come funziona il meccanismo dei generici?
«La finanziaria del 2000 ha stabilito per 38 principi attivi il prezzo medio di
riferimento. Se il paziente vuole per forza quello che ha sempre usato sarà
costretto a pagare la differenza. Chi prende il generico non spende una lira».
C'è qualcuno che vuole modificare il prezzo medio di riferimento e introdurre
quello minimo?
«Alcune regioni, spinte dall'emergenza della spesa farmaceutica, stanno
pensando di proporre la modifica del prezzo base sul quale si calcola la
differenza tra generico e farmaco firmato. Arrivare al prezzo minimo sarebbe
una tragedia: a parte l'effetto dumping sul mercato, con le aziende che
abbassano giorno dopo giorno il costo del prodotto per strangolare la
concorrenza, per noi medici vorrebbe dire trasformarci in agenti di borsa. Così
si darebbe il via ad un meccanismo infernale. Facciamo come gli altri paesi
europei, dove le revisioni dei prezzi si fanno a scadenze fisse, ogni dodici
mesi o ogni due anni».
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