Pensioni
anzianità, stop dal 2004
Il Tesoro studia
un'accelerazione della riforma Dini
LUCIO CILLIS
ROMA - Ferie finite, il governo da oggi riprende la propria
attività. Accanto ad alcuni temi economici lasciati in sospeso sul tavolo di
Berlusconi e dei suoi ministri prima della pausa estiva, si sono aggiunte delle
novità che potrebbero infiammare ulteriormente il dialogo tra governo e parti
sociali, dopo le polemiche scatenate dalle dichiarazioni di Tremonti al meeting
di Rimini. L'ultima in ordine di tempo riguarda le pensioni d'anzianità che
secondo alcune indiscrezioni del il Sole 24 Ore, potrebbero scomparire a
partire dal 2004, anticipando così i tempi della riforma Dini (a regime nel
20072008). Una scelta che coinciderebbe anche con l'introduzione di un taglio
di 10 punti delle aliquote contributive a carico dei neoassunti, che partirebbe
così tra due anni e mezzo.
Insomma, una vera e propria "bomba" che rischia di riaprire lo
scontro tra i sindacati e il ministro Tremonti, che secondo fonti dello stesso
ministero «starebbe studiando anche questa opzione, pur se ancora allo stato
embrionale» per arginare la corsa della spesa previdenziale. Il ministero
dell'Economia va quindi avanti sulla strada della "riforma
accelerata" del sistema previdenziale, nonostante gli ultimi durissimi
altolà lanciati dal responsabile del Welfare che nei giorni scorsi ha respinto
le ingerenze di «altri ministeri» rivendicando il pieno controllo su questioni
bollenti oggi sul tappeto, come la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei
Lavoratori. Lo stesso Maroni ha anche ribadito di non sapere nulla dell'addio
anticipato alle pensioni d'anzianità (che peseranno per 26mila miliardi nel
2001). E resta fermo il calendario della Commissione Brambilla - che studia la
riforma delle previdenza - scandito dalla prima riunione dei membri (domani),
dalla prima riunione collegiale (il 4 settembre) e dall'avvio del confronto tra
governo e parti sociali il 15 settembre: «Fino a quando non riceverò la
relazione - ha ribadito Maroni - non posso dire nulla».
Intanto anche il resto del governo sta preparando il primo appuntamento
ufficiale previsto in settimana, la riunione del Consiglio dei Ministri. Tra
oggi e domani quasi tutti i ministri dovrebbero rientrare nei loro dicasteri e
preparare i provvedimenti da presentare nel prossimo "plenum". Più in
generale nell'agenda dei lavori delle prossime settimane, ci sono il via libera
alle norme che accolgono i contenuti dell'accordo con le regioni sulla sanità
(eventuali sforamenti di spesa dovranno essere finanziati con la leva fiscale o
con nuovi ticket sanitari); inoltre dovrebbe partire il piano di dismissioni
degli immobili che comprenderebbe secondo gli ultimi sviluppi, anche quelli di
Poste e Ferrovie dello Stato, oltre a quelli di pertinenza degli enti
previdenziali. Nel pacchetto governativo troviamo poi la questione del rientro
dei capitali: la sanatoria potrebbe arrivare con un emendamento al collegato
dei 100 giorni. I cittadini che possiedono capitali all'esterno e vogliono
farli rientrare in Italia dovranno dichiarare la provenienza e pagare
all'erario un'imposta sostitutiva vicina al 3%.
Ma alle polemiche roventi della scorsa settimana partite in seguito alle
dichiarazioni dei ministri Letizia Moratti (sulla scuola) e Giulio Tremonti (a
largo raggio su sindacati e centrosinistra) replica dall'opposizione il
candidato alla segreteria della Quercia Piero Fassino: «Siamo di fronte ad un
centrodestra che si trasforma ogni giorno di più in una destra thatcheriana e
aggressiva. Prima il "buco" smentito dalle cifre e dagli stessi
organismi finanziari internazionali. Poi – prosegue Fassino - l'attacco sulla
scuola, sull'aborto, sulla magistratura, sui licenziamenti e i diritti
sindacali». Secondo il diessino «è in atto una vera controriforma che punta a
smantellare essenziali diritti dei cittadini e a far salire la febbre nella
società italiana. Tutto ciò – conclude - avviene in una quotidiana Babele di
dichiarazioni brutali e offensive, come quelle del ministro Tremonti contro
Amato e Cofferati, senza che il presidente del Consiglio - ha sottolineato
l'esponente Ds - senta il dovere di dire alcunché».
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