Sanità,
altri 700 miliardi
La Campania ne
avrà 12.100 ma deve fermare gli sprechi
La Regione ottiene nuovi fondi e dà impulso alla manovra per il risparmio su
farmaci e ricoveri
PATRIZIA CAPUA
La Campania è riuscita a ottenere la modifica dei criteri di
riparto dei fondi per la spesa sanitaria. Le regioni si sono impegnate a
rivedere i parametri e quella guidata da Antonio Bassolino non sarà più la
«cenerentola» del federalismo fiscale. In questa direzione, almeno,
nell'accordo StatoRegioni, firmato ieri a Palazzo Chigi, va l'aggiunta di
questo punto «politico», posta come conditio sine qua non alla firma
dell'intesa da parte della Campania stessa. La devolution che privilegia la
popolazione anziana, ora dovrà tenere conto di altri criteri, come il tasso di
natalità e l'indice di povertà. In questo modo, la Campania che rispetto ad
altre regioni, riceveva meno introiti per la spesa sanitaria, trova davanti a
sé un orizzonte meno fosco. E ciò vale anche per tutte le altre regioni del
Mezzogiorno.
Con questa correzione di rotta, spuntata dopo un anno di trattative, la Regione
sotto la presidenza di Bassolino, che per il 2001 ha ricevuto dallo Stato
11.400 miliardi, si aggiudica una dotazione finanziaria di altri 700 circa. «Ma
il riparto vero e proprio - chiarisce l'assessore alla Sanità, Teresa Armato -
avverrà tra settembre e ottobre, per ora quindi si possono fare solo sommarie
previsioni di nuovi introiti».
Una notte e un giorno attorno al tavolo per definire i contenuti dell'intesa
globale con il ministro per l'Economia, Giulio Tremonti, il ministro degli
Affari regionali, Enrico La Loggia, insieme al sottosegretario all'economia,
Giuseppe Vegas. Teresa Armato, affiancata da Norberto Cau, capoarea chiamato
come consulente esterno da Bassolino, ha chiuso con soddisfazione la faticosa
trasferta romana. Per il «patto di stabilità sanitario», sancito a breve da un
decreto legge, sono state chieste regole chiare e garanzie di tutela per le
regioni. Ticket e aumento delle tasse locali per quelle che «sforano»,
spendendo per la sanità più di quanto il Governo ha destinato loro. Dal 2002,
infatti, lo Stato non «tapperà più i buchi di bilancio» e i governatori
dovranno pagarsi da soli i deficit, ricorrendo a «strumenti di controllo della
domanda», come i ticket, o a nuove tasse, per esempio sull'addizionale Irpef.
Spiega Armato: «Il governo si è impegnato a definire, con un provvedimento da
adottare entro il 30 novembre prossimo, i livelli essenziali di assistenza. I
ministeri della Sanità e dell'Economia e le Regioni attiveranno, poi, un tavolo
di monitoraggio sull'assistenza erogata e sulla spesa corrispondente prevista».
Autonomia sì, ma moderata. «Sempre in stretto contatto con il governo - piega
l'assessore - e un forte ancoraggio alle decisioni nazionali».
Ma la Campania, con una voragine di debiti che nel 2001 sfiorerà i 1600
miliardi, e si è sempre distinta per essere una regione spendacciona, sprecona,
se non truffaldina, ha già avviato una manovra finanziaria che tende a ridurre
la spesa di 580 miliardi. La campagna varata dall'assessore Armato per ridurre
il deficit (che per molti versi è dovuto alle truffe), è già partita sul
versante che riguarda i farmaci. Ai medici di base la Regione chiede di non
prescrivere più i costosi prodotti «spinti» dalle case farmaceutiche, ma di
limitarsi al «principio attivo». Ai medici l'invito a consigliare ai clienti
l'acquisto di prodotti che a parità di composizione chimica e efficacia
terapeutica, costano meno. Per contenere la spesa c'è anche il freno alle «pluriprescrizioni»,
massimo due pezzi per ogni ricetta presentata al banco. Ai primi di settembre,
poi, partirà la «dieta dimagrante» sul capitolo ricoveri e dayhospital. Una
politica del risparmio che ha già incontrato non poche resistenze tra i medici.
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