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L'articolo

Quando il sesso rappresenta un diritto   
Riflessioni/”Uneasy Rider”, un film che parla di handicap con intelligenza

Quando il sesso rappresenta un diritto

di LUIGI CANCRINI

CENTRATO sul tentativo di raccontare la storia vera di un gruppo di handicappati e di operatori rinchiusi in una comunità terapeutica, Uneasy Rider, del regista francese Jea Pierre Sinapi, è un film che avrebbe dovuto far esplodere molte polemiche. Il diritto alla sessualità proclamato da persone che non sono in grado di procurarsi da sole la possibilità di soddisfarlo propone agli operatori che di loro si occupano un quesito semplice e insieme paradossale. Farli incontrare con delle prostitute come uno di loro arriva a chiedere è possibile? E’ lecito? Costituisce un dovere per operatori chiamati soprattutto a colmare la differenza di opportunità che divide i diversi dai cosiddetti normali?
Diviso sul da farsi, lo staff della Comunità propone uno spaccato che è insieme inquietante e spiritoso sulle ipocrisie con cui ancora oggi i problemi del sesso vengono affrontati. Una società fatta di individui che continuano a biasimare pubblicamente l’esistenza della prostituzione e della pornografia ed e finanziare privatamente (di nascosto) una crescita questi stessi fenomeni a livelli ormai industriali si sente porre una domanda diretta e sgradevole. «Vorrei fare anch’io, aiutato da te, quello che tu puoi fare (e fai) tutte le volte che vuoi senza aiuto», dice un paziente costretto a vivere su una sedia a rotelle; «lo pago con i soldi che ho; non farlo mi fa star male come farebbe stare male te se ti trovassi nella mia condizione».
Rispondere positivamente a una domanda di questo genere chiede evidentemente, ancora oggi, un grande coraggio. Sul piano morale, perché colui che assiste un altro deve accettare fino in fondo l’idea per cui i principi etici cui si deve fare riferimento quando si assiste un altro devono essere i suoi e non i propri, perché assistere un altro è un dovere umano e non un pretesto per convertirlo alle proprie idee. Sul piano psicologico, perché colui che assiste un altro deve partire dal convincimento per cui il fine ultimo del suo intervento è quello di aiutare l’altro ad essere autonomo a decidere liberamente sperimentando quello che vuole o che non vuole fare, a definire una sua gerarchia di valori, ad essere naturale: ed a lasciarlo sbagliare da solo nel momento in cui questo è necessario. Sul piano umano, infine, perché chi vuole assistere un altro che sta male, che soffre e ostenta le sue deformità, fisiche e mentali, deve accettare l’idea per cui il suo assistito non può essere considerato in una dimensione puramente spirituale. E’ fatto di carne anche lui, sprizza una sua forma di vitalità più o meno disarmonica e imbarazzante per chi guarda, deve essere rispettato per quello che è, non per quello che noi vorremmo lui fosse o diventasse.
Rispondere positivamente a questa domanda richiede soprattutto la capacità di assumere una posizione laica su questioni che attengono una gerarchia comunemente accettata di valori sociali. Narcisticamente irrigidito su se stesso e sulla sua immagine di sé, lo psicanalista che sente i diversi come irrimediabilmente inferiori a lui non regge il confronto, nel film, con la puttana che accoglie con difficoltà e, alla fine, con umiltà e con pazienza il bisogno di sesso e di tenerezza dell’handicappato. Ricordando con forza che, ove legate soprattutto al denaro, molte attività assistenziali rischiano di diventare, oggi, forme moderate di esercizio, freddo e distante, di una prostituzione molto più immorale di quella che si esercita sulle strade: chi si prostituisce per strada, infatti, rischia e paga direttamente le conseguenze del suo gesto, senza nascondersi dietro la maschera del buono che dice di aiutare gli altri.
Handicappati, prostitute ed operatori ballano insieme, nella festa che chiude il film, una canzone d’amore tenera e sensuale. Io ho scritto all’inizio che questo film avrebbe dovuto provocare molte polemiche. Il problema vero è che, guidato soprattutto dalle attività promozionali dell’industria, il pubblico finge di divertirsi pagando il biglietto per film che non hanno nulla da dire. Anche il coro di polemisti nostrani, quelli disposti a scannarsi sui giornali su temi di lusso del tipo fecondazione eterologa, non ha avuto il coraggio, del resto, di sporcarsi le mani parlando di un tema come questo: il sesso come diritto degli handicappati.

 

 

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