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Dai quotidiani…
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L'articoloUn Premio Nobel a Palazzo Madama | LA "Signora delle cellule" è diventata senatore. Siederà a Palazzo
Madama, Rita Levi Montalcini. Così come ha deciso il Presidente della
Repubblica che ieri, a mano e all’insaputa di tutto il suo staff, ha scritto il
decreto. «Altissimi meriti nel campo scientifico e sociale», la motivazione del
riconoscimento. Novantadue anni, torinese, Premio Nobel, la piccola grande
scienziata, legata da un forte comune sentire con Franca Ciampi, confessa la
sua emozione: «Non mi sarei mai aspettata una notizia così bella. Un altro
motivo di gioia è stata la telefonata del Presidente. Ha avuto parole molto
belle, ancora lo ringrazio». Poi tira fuori la "dolce" grinta di
sempre: «Intendo frequentare il Senato per sostenere le mie campagne. Prime fra
tutte, quelle di aiutare le donne d’Africa e i giovani ricercatori».
La sua caparbietà è rimasta intatta. Uguale a quella della sua giovinezza
quando, a vent’anni, disobbedendo al padre si iscrive a Medicina. Si laurea nel
1936. Inizia la carriera universitaria ma, nel’38, in seguito all’entrata in
vigore delle leggi razziali deve fermarsi. Ebrea, è costretta a scappare. Va a
Bruxelles, poi torna nell’Astigiano, dove allestisce un laboratorio di fortuna
nella sua camera da letto per studiare gli embrioni di pollo. A Firenze, nel
’45, fa il medico volontario con le truppe alleate. Si dedica all’assistenza
dei profughi. Ma poi riparte, accetta l’invito della Washington University di
Saint Louis. Resterà lì fino al ’77. E’ proprio nell’università americana che
questa piccolissima donna dai begli occhi chiari individua il "Nerve
Growth Factor". Il "Fattore di crescita dei neuroni", le cellule
che costituiscono il tessuto nervoso.
Il 10 dicembre 1986, fasciata in un aristocratico abito di velluto verde
firmato Capucci, riceve il Premio Nobel. E’ la nostra prima donna medico
premiata a Stoccolma, la seconda nominata senatore a vita dopo Camilla Ravera
nel 1981. Sarebbe stata la terza se Nilde Iotti, nel ’91, non avesse detto no
all’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Negli ultimi anni è sempre stata in prima fila nelle grandi battaglie
etico-scientifiche. Sempre pronta a manifestare il suo pensiero. Senza
compromessi. Dall’eutanasia («Sono d’accordo al cento per cento. Alla fine, se
si soffre tanto, l’eutanasia è l’unico rimedio») e dall’aborto; agli organismi
geneticamente modificati («La ricerca genetica è una questione troppo grande e
troppo importante per lasciarla solo in mano ai politici. Specie se si tratta
di persone che hanno fatto una scelta di fede»); dalla libertà della scienza
(«Non si deve mettere il lucchetto al cervello. Non diffidate della scienza ma
dell’uso che di lei viene fatto»); alla condizione della donna («La
celebrazione dell’8 marzo deve continuare, sollecita l’attenzione sulle donne
che è sempre un po’ al di sotto di quella necessaria»). Nel febbraio scorso era
in testa alla "crociata" degli scienziati che, per la prima volta,
hanno deciso di scendere in piazza a difesa delle loro ricerche.
Un’ovazione ha salutato la nomina a senatore a vita di Rita Levi Montalcini.
Dai politici, con Veltroni, Rutelli, il ministro della Sanità Sirchia, agli
intellettuali come Dacia Maraini («E’ un segnale per la classe politica»),
Dario Fo, Fernanda Pivano, fino ai "colleghi" scienziati Renato
Dulbecco e Margherita Hack.
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